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14 dicembre 2010

La Reggio Calabria di Scopelliti



Visto che ci lavoro e vivo leggo e riporto quanto scritto in un articolo del Fatto Quotidiano. Per tutti quelli che hanno appoggiato l'attuale presidente della regione calabria.

Lele Mora, Scopelliti e una città piegata 



Cattiva politica, massoneria, boss e spese folli: così fallisce il modello Reggio Calabria, che si avvia al voto amministrativo della prossima primavera
“Chistu è u paisi i m’incrisciu e mi ‘ndi futtu ed ogni cosa esti fissaria”. Traduzione: “Questo è il paese del mi annoio e me ne frego e ogni cosa è fesseria”. Nicola Giunta, artista e poeta, amava tanto la sua città, poco i suoi concittadini che prendeva a nerbate con versi spietati. Dicembre a Reggio Calabria, città accarezzata da un sole che fa impazzire il calendario, dove ogni cosa è “fissaria”. I soldati per strada come a Baghdad, il Museo con i Bronzi ancora transennato, off-limits per i turisti. È “fissaria” la vita ad “Arghillà”. “Luogo di capre scosceso e scomodo”, il ghetto. Sono secoli che i camion dell’azienda municipale d’igiene non si arrampicano tra i viali spogli di queste case popolari. Carcasse d’auto, montagne di rifiuti accatastati ai bordi di palazzoni anonimi e sgarrupati. “Noi qui siamo il tacco di Dio e tutto ci è vietato”, racconta Katia Colica, giovane architetto e giornalista reggina, che su Arghillà ha scritto un bel libro. Qui il “modello Reggio” non è mai arrivato. La città metropolitana, la perla dello Stretto con le luci e le fanfare, i concerti, e i volti noti dell’eterno cafonal italiano che passeggiano sul lungomare, il dannunziano “chilometro più bello d’Italia”.

Tra Elton John, Belén e Valeria Marini
La città di Peppe Scopelliti, il sindaco della riscossa, il Ciccio Franco del Duemila ora governatore delle Calabrie. In primavera si vota e il modello Reggio, un mix di spese folli per l’immagine, eventi, amici e fedelissimi piazzati nei posti chiave, è alle corde. Le casse del comune sono secche come le fiumare d’estate, ditte e fornitori non vengono pagati, i lavoratori delle società municipalizzate aspettano da mesi gli stipendi arretrati. Basta sfogliare un po’ di delibere per tuffarsi negli anni dello scialo. La ‘ndrangheta macchia l’immagine di Reggio? E noi compriamo 100 mila salviettine rinfrescanti al profumo di bergamotto, 22.800 euro. La cultura langue? E noi andiamo ad Aspendas, Turchia, a finanziare con 40 mila euro il Festival del teatro. I reggini sono tristi? Non c’è problema, basta scucire 250 mila euro per Bravo grazie, “Tre serate di grande comicità”. La città vuole cantare? E vai con i grandi concerti: Elton John, 360 mila euro, Giro Festival, 251 mila, Fedora, nel 2004, con Katia Ricciarelli all’epoca direttore artistico del Teatro Cilea, 308 mila euro. E come farsi mancare il top del top, Lele Mora e le sue girls, i fasti di Briatore, Valeria Marini e Belén che passeggiano sul lungomare ad apertura delle “Notti bianche” (2007-2008), sorridono, stringono mani, dispensano bacetti. A portare Lele Mora in riva allo Stretto è Pasquale Rappoccio, un imprenditore a tutto campo, dallo spettacolo alla sanità, con le mani dentro la grande pasta della politica. Rappoccio è un massone della “Gran Loggia regionale d’Italia”, una delle tante logge di Reggio dove si siedono allo stesso tavolo politici, imprenditori e mafiosi, e coltiva buoni rapporti sia con pezzi da novanta del centrodestra che con ras del centrosinistra. Ha votato per Scopelliti, ma anche per il Pd, ha trescato con la destra, ma anche con Raffaele Lombardo. Nei giorni scorsi è stato rinviato a giudizio per gli scandali alla Asl di Locri insieme alla vedova di Franco Fortugno, Maria Grazia Laganà. “Lele ha fatto tutto, quando può vedere il sindaco?” chiede in una telefonata. Il sindaco Scopelliti, l’8 maggio 2006, si accorda: “Salgo con mia moglie a Milano, così con la scusa mi vedo pure la finale di Coppa Italia”.

Lele è generoso con gli amici reggini, se è necessario è pronto a mettere a disposizione il suo aereo privato per le trasferte a Milano o ad Olbia, dove Flavio Briatore aspetta tutti sulla sua barca. Tra le mille telefonate che deve fare per la sua “Medinex”, un’azienda che si occupa di materiali sanitari, i contatti con la politica per le elezioni e le notti bianche, Rappoccio trova anche il tempo per curare la trasferta in Sardegna del sindaco. Ma Scopelliti non vuole prendere l’aereo privato di Lele Mora, “qui la gente chiacchiera e poi c’è il rischio di interrogazioni parlamentari”. Tra una tartina e uno sciampagnino consumati sulla barca di Briatore all’inizio di agosto del 2006 finalmente ci si accorda per la notte bianca. La coscia lunga di Valeria Marini potrà falcare il chilometro più bello d’Italia, i reggini saranno contenti, la Guardia di Finanza un po’ meno. Perché, di Pasquale Rappoccio, le Fiamme Gialle nutrono una pessima opinione. “La Medinex – scrivono in un rapporto del 2002 – verrebbe favorita nella fornitura di materiale sanitario alla Asl di Palmi, attraverso le ingerenze del boss Antonio Gallico”. E in un’altra informativa del 2005 indicano Rappoccio come “prestanome della cosca Libri unitamente al fratello Vincenzo”. Poca roba, perché a Reggio anche i rapporti tra politica e ‘ndrangheta sono “fissaria”. Il dicembre 2008, i carabinieri filmano Antonino Serranò in compagnia di un presunto mafioso. Armeggia con una pistola. “Minchia che pallottole”, dice mentre la prova. L’arma funziona male e Serranò, da esperto, butta la colpa sul caricatore. Tonino Serranò è consigliere comunale, nel 2007 si presentò con una lista a sostegno del sindaco Scopelliti dal nome impegnativo “Io non ci sto”. Nessuno gli ha chiesto conto delle sue frequentazioni, o del perché maneggiasse una pistola nella città delle bombe ai magistrati e dei morti ammazzati. Il Consiglio Comunale lo ha eletto all’unanimità presidente della Commissione servizi. E nessuno ha chiesto conto al consigliere Michele Marcianò dei suoi rapporti con il boss Cosimo Alvaro, erede di una delle famiglie di ‘ndrangheta più potenti della Calabria. Ora il boss è latitante, ma con il consigliere Marcianò in un recente passato parlava di tessere, circoli di Forza Italia da mettere in piedi, di incarichi e prebende. “Perché con me – diceva Marcianò – prima della politica viene il rispetto”. E a Manlio Flesca, altro consigliere della squadra del governatore Scopelliti, chi chiede conto? Nessuno. Frequentava con passione Mimmo Barbieri, un imprenditore finito in galera con l’accusa di essere il referente di Cosimo Alvaro, e per lui “rappresentava un vero e proprio punto di riferimento verso l’amministrazione comunale”.

Al matrimonio non mancava nessuno
Serviva appoggio e i fratelli Barbieri erano a disposizione. Gli stessi che il 15 ottobre 2006 festeggiano i cinquant’anni di matrimonio dei genitori. E invitano tutti: mafiosi, politici e latitanti. C’è anche il sindaco Scopelliti, che brinda e stringe mani. “Allora i fratelli Barbieri erano onesti imprenditori”, si giustifica quando la notizia viene fuori. “Minchia – commenta il boss Cosimo Alvaro presente ai festeggiamenti – c’erano tutti, il sindaco, l’assessore e quelli della Margherita e dell’Udeur”. All’entusiasmo del boss fa da contraltare la mesta annotazione dei carabinieri: “La presenza di esponenti politici, nonché di personaggi appartenenti ad agguerrite associazioni mafiose, non lasciava alcun dubbio sulla centralità di Barbieri nelle dinamiche criminali e politiche di Reggio”. Ma pure questa è “fissaria”. Perché per combattere la ‘ndrangheta, il governatore Scopelliti ha sacrificato anche il weekend dell’Immacolata. È volato negli Usa per portare all’Onu la sua ricetta per sconfiggere i boss in compagnia del sottosegretario della sua giunta Alberto Sarra. “In strettissimi rapporti con i fratelli Lampada, tipiche figure criminali che si innestano pienamente nel substrato criminale, con compiti e ruoli connessi alla gestione del patrimonio di Pasquale Condello”. Lo scrivono i carabinieri, ma è “fissaria”.

Da Il Fatto Quotidiano del 14 dicembre 2010


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Ed il gioco è fatto, grasssie per aver commentato :)