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14 marzo 2012

Ma guarda tu sto piccoletto


Un anno fa a quest'ora un aereo partiva dall'Italia con destinazione Londra.

Un anno fa di questi tempi il mio nipotino cominciava la sua stupenda vita. Mentre aspettavo i bagagli all'aeroporto di Stansted mio nipote faceva i primi ruttini, le prime poppate e le prime facce buffe a favore del pubblico formato da tutti i parenti presenti al lieto evento.

È passato un anno esatto e mi ritrovo nuovamente in Italia.

La vita mi ha preso per le spalle, mi ha dato un paio di violenti scossoni e mi ha detto: "bello di casa sai che c'è? ti rivoglio in Italia, hai ancora molto da fare li, quindi fai le valigie e torna da dove sei partito"

E cosi è stato, sono tornato in patria, col piano di restarci... almeno per un po'

Lasciare Londra non è stato facile, non quanto decidere di andarci a vivere, è stata ed è tutt'ora una decisione che mi ha fatto parecchio soffrire, per svariati motivi che non sto qui ad elencare per non ammazzarvi di noia e farvi venire voglia di mangiare cocci di bottiglie rotte.

Sto a poco a poco ripristinando le cose che avevo lasciato in sospeso prima della mia partenza, e ne sto sommando qualcuna in più, è un processo lento e per certi versi doloroso che mi sta portando via molto tempo, ma so che a poco alla volta ce la farò. Sono molto fortunato, oserei dire estremamente fortunato, perché ho una famiglia e amici straordinari che mi stanno sostenendo quotidianamente, alcuni vicinissimi altri meno, ma tutti presenti e preziosi.

Stamattina ho addirittura sentito nuovamente rumori provenire dalla mia soffitta... i miei piccoli ospiti mi hanno dato il benvenuto (o un ladro maldestro si è rotto il collo e adesso giace morto sul mio tetto).

A pranzo sono andato a casa dei miei genitori, ero seduto a tavola e assieme a noi c'era anche il mio piccolo nipotino, di un anno più vecchio. Ero li che pensavo con malinconia alla mia partenza, ai sogni e alle speranze, quando mi sento fissare. Tenendo in mano una paletta per cucinare che agitava come un direttore di orchestra con una variante acuta della sindrome di Parkinson, mio nipote mi guardava incuriosito.

È lì e mi fissa, io ricambio lo sguardo, allungo la mano e busso tre volte sul tavolo senza un reale motivo apparente, visto che avevo già la sua piena attenzione.

Lui sorride, mostrandomi i dentini bianchi che madre natura gli ha sparato da poco in bocca, si allunga verso il tavolo tenendo il pugno paffuto chiuso, e batte tre volte sul piano in granito, cosi come mi aveva visto fare.

E allora rido di gusto, e i pensieri negativi e le malinconie si trasformano in gioia, affascinato da quel sorriso carico di bava che mi ridà, con un gesto piccolo e apparentemente semplice, un motivo in più per gioire del fatto di essere tornato a casa.
Perché Londra sarà sempre li, pronta ad accogliermi come lei sa fare, ogni volta che lo vorrò, ma la casa e le gioie più grandi le conservo qui.